Un mondo più equo o una presa di Potere?
È il 31 dicembre 2020 quando Agenparl Italia ne dà la notizia: il World Economic Forum (WEF) prevede che, nel 2030, le persone non possederanno nulla. “Tutti i prodotti saranno diventati servizi” – e gli abitanti, su richiesta, prendono in prestito ciò di cui hanno bisogno. Compresa la casa. Addio ai valori e agli equilibri sui quali sono nate le democrazie.
Proprietà comune (“comunismo”) o espropriazione?
Il diritto romano, radice del nostro diritto civile, è il primo a prevedere la tutela della proprietà individuale distinta da quella pubblica. Stabilendone prerogative, limiti, azioni umanitarie e responsabilità verso la comunità.
Per il mondo Cristiano, la proprietà privata viene garantita e ha un fine sociale.
L’art. 42 della nostra Costituzione prevede che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
Il risparmio degli italiani è volto ad acquistare beni immobili, per se stessi e per garantire serenità alle generazioni future. Eppure, ormai da anni, la legislazione sembra tutelare il possessore (anche abusivo) e non il proprietario. Lo sfratto è una chimera. Le tasse per la proprietà aumentano. La pandemia lascia il passo all’inflazione e all’aumento del tasso dei mutui, dopo averli resi così bassi da far indebitare tutti.
A livello internazionale, tutto ciò sembra avere una spiegazione nel piano del Forum di Davos 2016 che s’intitola “No privacy, no property”. L’obiettivo non è solo “espropriare per debiti” tutti quelli che non supereranno l’attuale crisi ma, soprattutto, istituire la “povertà sostenibile”. Imprenditori, professionisti, artigiani e commercianti stanno già abbandonando le loro attività mentre, dall’altra parte, crescono la grande distribuzione e le forme di e-commerce. Il Fondo Monetario Internazionale favorisce il reset globale della società e del debito.
La dottrina marxista auspicava l’abolizione dei mezzi di produzione ma tollerava alcuni beni privati. Oggi, il progetto sembra diverso e globale oltre che totale – come se si volesse incidere anche sugli effetti personali e su tutti i consumi, privando la popolazione di tutto.
Ma torniamo alla casa: in un Paese, il nostro, nel quale circa l’80% dei cittadini vive in un’abitazione di proprietà, il proprietario è vessato e umiliato sia dal Governo italiano, sia da quello europeo. Infatti, l’UE si sta muovendo verso:
- pignoramenti anche per debiti minimi della proprietà;
- transizione verso un fondo immobiliare europeo;
- condizionamento delle vendite secondo criteri predeterminati (da chi, e per quali motivi?), per ora ufficialmente sismici e di risparmio energetico;
- diminuzione complessiva della liquidità, tale da spingere alla svendita e all’acquisto facile da parte di gruppi finanziari.
A questo punto sorge spontanea la domanda: la svendita del patrimonio italiano, alla quale persone come Olivia Salviati, il Prof. Massimo Martelli, me e tanti altri si stanno opponendo con le loro denunce, fa parte di questo programma di depauperamento dei singoli cittadini e dell’intera Italia? Perché, se ciò fosse vero, si spiegherebbero alcune sinistre “riforme”, veri e propri espropri della proprietà italiana. E anche il nuovo emendamento PD – volto a sequestrare abitazioni perché “fatiscenti” – oppure la riforma del Catasto annunciata per il 2022. Dobbiamo credere che l’interesse sia solo per il decoro urbano e l’ambiente e che la – mai sopita – voglia di patrimoniale non c’entri nulla?
Esiste ancora la libertà?
A pensare male, forse ci si prende. Perché tutte queste misure, che nulla hanno di filosofico, sanno tanto di invidia sociale e di una forma abietta di comunismo.
Ronald Regan disse: «Come si definisce un comunista? Beh, è qualcuno che legge Marx e Lenin. Come si definisce un anticomunista? È qualcuno che capisce Marx e Lenin». Perché, al di là della battuta, il problema è che – come ricordava Margaret Thatcher – prima o poi “i soldi degli altri finiscono”. Ecco: è questo lo scopo? Più povertà per tutti, nomenklatura esclusa, in nome dell’uguaglianza nella miseria tra tutti gli altri?
Un mondo più equo davvero o una presa di Potere, per meglio dominare 8 miliardi di persone? “Risolvendo” così l’impossibile equazione tra sovrappopolazione e risorse, dall’acqua a quelle energetiche? A esclusivo beneficio dei pochi nei salotti giusti, ancora più ricchi “per il nostro bene”? Soprattutto, ancora più avidi e corrotti – tanto da volere tutto?
Avv. Maria Capozza