La vera maggioranza del Paese, sfruttata, discriminata e ricordata solo quando serve
Corpi e scarpette rosse, ma anche ferite e lividi nell’anima. Nonostante 4 articoli Costituzionali, 4 decreti legislativi tra il 2003 e il 2010, 3 leggi tra il 2006 e il 2021 e ben 8 organismi istituzionali dedicati.
Parità salariale e contrattuale: una mancata equità che azzera autonomia economica, libertà e dignità. Soprattutto se – eccezion fatta per poche, fortunate situazioni individuali o familiari – separazione o decesso del compagno tolgono il 70% del reddito familiare. Lo dice l’ISTAT, che già alla vigilia dell’8 Marzo 2019 parlava delle donne che, una volta sole, perdono subito la casa, prendendo la strada della povertà assoluta. Perché? Perché, in questo Paese, la maggioranza delle donne ha dei contratti precari e degli stipendi minori di almeno un terzo rispetto ai colleghi uomini, a parità di formazione e ruolo. Non solo: maggiori ostacoli nel cercare, trovare e mantenere un lavoro. Per questo la categoria più colpita dalla crisi Covid 2020 in termini di disoccupazione e nuova povertà è stata quella delle donne: solo a dicembre 2020, a perdere il lavoro erano state 99mila – 312mila nell’intero anno su 444mila persone, cioè il 70%.
Dal diritto alla casa a quello del lavoro, dall’accesso alle cure a quello all’istruzione, l’emergenza sanitaria sta colpendo secondo la collocazione geografica e il profilo sociale ed economico: le disuguaglianze preesistenti si aggravano, con conseguenze profonde e a lungo termine.
Come sta messa la nuova legge sulla parità?
Con il via libera definitivo dal Senato questo 27 ottobre, dal 1° gennaio 2022 è introdotta la certificazione della parità di genere. Come ci spiega QuiFinanza, “un documento pubblico in cui ogni azienda con oltre 50 dipendenti dovrà riportare con cadenza biennale svariati indicatori sulle politiche del personale, da salari e inquadramenti a congedi e reclutamento”, con multe fino a 5mila euro per la mancata o fallace comunicazione dei dati. Domanda: cosa succede per le aziende con meno di 50 dipendenti?
Inoltre, si estende alle aziende pubbliche la legge sulle “quote rosa” negli organi collegiali di amministrazione delle società quotate in Borsa. Per il settore privato, nel quale le donne sono pagate il 31,2% in meno degli uomini, niente? Per le società non quotate in Borsa, niente? Infine: come la mettiamo con la Direttiva UE in discussione, ben più stringente della norma italiana, che costringerà il nostro Parlamento a ulteriori, future modifiche?
La beffa, oltre il danno.
Convegni, discorsi, cerimonie, servizi televisivi e poi? Il 23 novembre, Il Fatto Quotidiano titolava “Violenza sulle donne, la Camera discute il finanziamento di 400 euro al mese per le vittime: in Aula sono in otto”. Perché importa apparire sui social o in TV, magari con la frase giusta per prendere qualche like, ma non anche fare qualcosa di concreto? A Montecitorio, 63,5% uomini e 36,4% donne, 626 deputati dei quali 618 con qualcosa di meglio da fare?
Aumentano le uccisioni, aumentano i maltrattamenti, aumenta la povertà.
E sono tante, troppe le donne lasciate indietro. Lo so come Avvocato rotale, testimone diretta della sofferenza personale o familiare che negli anni ho ascoltato e accompagnato. Lo so come Presidente della ‘Giovanna d’Arco onlus’, con la quale già nel 2012 stavamo aprendo il “Centro Ascolto Donna”. Lo so come prima whistleblower d’Italia, destinataria di mobbing sistemico e di ricatto sessuale, ma anche come Web Reporter, da anni dedicato ai bambini e alle donne in sofferenza.
Bisogna risolvere, e prima di finire nelle vergognose e tragiche statistiche delle aggressioni e delle uccisioni o alle mense della Caritas, magari con i figli appresso. Con politiche del lavoro a favore della massima occupazione femminile. Con politiche di protezione efficaci, più veloci di chi maltratta, liberate dalla burocrazia che tutto inceppa e dalla corruzione che erode le risorse. Con politiche concrete per la famiglia, che permetta la nascita di giovani nuclei e la loro tenuta – rimasta negli anni lettera, pur Costituzionale, morta. Magari, tornando in Aula invece che in TV.
Buona Giornata mondiale dell’eliminazione della violenza sulle donne: come direbbe De Gaulle, “vasto programma”.
Avv. Maria Capozza